RUBENS a Como – Villa Olmo 27 Marzo 25 Luglio 2010

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Riflettori puntati sull’arte del Seicento e su un maestro assoluto della luce e del colore nella pittura europea come Pieter Paul Rubens. La mostra allestita nelle sale della splendida Villa Olmo, permette di conoscere da vicino i temi caratteristici della pittura di Rubens, attraverso 25 capolavori provenienti dalla Gemäldegalerie dell’Accademia di Belle Arti, dal Liechtenstein Museum e dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. In aggiunta a questi capolavori verranno esposte anche 40 opere di pittori fiamminghi del Seicento tra i quali Anton Van Dyck, Jacob Jordaens, Gaspar de Crayer, Pieter Boel, Cornelis de Vos, Theodor Thulden.

Le opere di Rubens visibili in mostra:

il-giudizio-di-parideIl giudizio di Paride (1605-1608), una delle sole quattro opere che Pieter Paul Rubens realizza su tavola di rame, supporto inconsueto per un tema ricorrente nella sua pittura, più volte ripreso fino al famoso quadro del 1638-39 commissionato dal re di Spagna Filippo IV, ora al Museo del Prado di Madrid. Il dipinto raffigura la competizione tra le dee Giunone, Minerva e Venere per il titolo di donna più bella dell’Olimpo, giudicate da Paride.

La Circoncisione di Cristo, del 1605, è probabilmente uno studio per la pala d’altare della chiesa dei Gesuiti di Genova (e infatti c’è un’opera pressoché identica nella chiesa di Sant’Ambrogio di Genova; il giorno della circoncisione Gesù “riceve il suo nome”: di qui l’interesse dei Gesuiti per quell’evento).

lotta-per-lo-stendardoLotta per lo stendardo (La Battaglia di Anghiari), del 1605 circa, si riferisce alla Battaglia di Anghiari, un’opera di Leonardo divulgata in Europa tramite un’incisione di Lorenzo Zacchia. Al Museo del Louvre di Parigi è conservato un disegno di Rubens, di poco precedente, con la medesima immagine.

Madonna della Valicella adorata dagli Angeli, del 1608 , forse la commessa di maggior prestigio che l’artista ricevette in Italia: due modelli per le pale d’altare della Chiesa dei Gesuiti a Genova e di Santa Maria della Vallicella a Roma, dove l’impostazione teatrale della luce e l’atmosfera cromatica rivelano l’influsso dei grandi pittori veneziani del Cinquecento, che Rubens aveva studiato durante il suo soggiorno a Venezia del 1600.

L’Educazione della Vergine (1609-1610) è un dipinto realizzato come probabile modello di una pala poi non eseguita, e rivela la mano dell’allievo di Rubens, Van Dyck. La figura della Vergine bambina viene rappresentata a partire dagli studi che Rubens aveva eseguito nel suo soggiorno romano.

Borea rapisce Orizia
(1615),  rappresenta il rapimento, narrato dal poeta latino Ovidio nelle Metamorfosi, della ninfa Orizia, figlia di Eretteo, il re di Atene, e sorella di Procri, da parte del barbuto e alato Borea, personificazione del vento del nord, detto anche Aquilone.

Particolarmente significative sono le due grandi tele che raffigurano Vittoria e Virtù e Il trofeo di armi, appartenenti al ciclo che Rubens dedicò al personaggio romano Publio Decio Mure (1616-1617), un console che prontamente sacrifica se stesso.  Il tema dei quadri è ispirato alle vicende dell’eroico condottiero vissuto nel IV secolo a.C., la cui storia è stata tramandata da Tito Livio.

Una serie di piccoli oli su tavola di soggetto sacro, dipinti da Rubens come modelli preparatori per i 39 dipinti commissionatigli nel 1620 per i soffitti della chiesa dei Gesuiti di Anversa intitolata a Sant’Ignazio, opere che andarono poi distrutte dall’incendio della chiesa del 1718.

le-tre-grazieLe Tre Grazie (1620-1624) sono il vero manifesto dell’ideale bellezza femminile del tempo e che Rubens rappresenta sul modello del gruppo scultoreo ellenistico ritrovato a Roma nel XV secolo. Rubens dipinse il motivo delle Tre Grazie diverse volte, come soggetto singolo o inserito in un contesto più ampio.

L’Apoteosi di Giacomo I (1632) è il bozzetto di un dipinto di grandi dimensioni realizzato per il soffitto della Banqueting House a Whitehall.

Il satiro sognante, una delle opere più insolite del maestro fiammingo, realizzata tra il 1610 e il 1612 poco dopo il suo ritorno in Italia, colpisce, oltre che per la sua allegorica sensualità, per l’architettura della composizione che contrappone il gruppo composto da Bacco, dal satiro ubriaco e dalla Menade, a una traboccante natura morta, composta da un prezioso vasellame dorato e da una ricca serie di calici e coppe.

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